Ma si può non agire? Sì, a detta degli orientali, come risulta da questa massima cinese :
< non fare niente ma che niente non sia fatto> < non fare niente in modo che (al punto che) niente non sia fatto-.Detta così sembrerebbe una frase pronunciata dalla Sfinge per la risoluzione di un enigma, ma non è come sembra. Nel suo libro “ Trattato dell’efficacia” Francois Jullien ci dà una spiegazione di ciò che è per gli occidentali l’azione e il perseguimento dell’efficacia, e quello che è per i cinesi.
Mentre la filosofia occidentale erge a sé un modello, per raggiungere il quale si deve agire, si deve elaborare un piano per riuscire a realizzare quel modello che costituisce la realtà e quindi lo scopo dell’azione, la filosofia orientale concepisce il reale come un processo, regolato e continuo, derivante dalla sola interazione dei fattori in gioco. Il mondo non è un oggetto di speculazione, non c’è da un lato la conoscenza e dall’altro l’azione.
Per gli occidentali, come ci viene anche tramandato dalla storia, la strategia è legata all’azione, per i cinesi la strategia consiste nel far evolvere la situazione in modo tale che, lasciandosi portare da essa, dal suo potenziale accumulato risulti naturalmente l’effetto, non c’è più bisogno di optare né di affaticarsi per conseguire il fine, si agisce non agendo, si segue la realtà divenendo partecipe del suo divernire.
Contrariamente a ciò che è il fine per gli occidentali, lo stratega cinese non persegue la gloria, non cerca di assurgersi ad eroe, non mira al potere ad ogni costo.
Bè , mi chiedo e vi chiedo, potrebbe oggi la politica essere orientata al non agire, o comunque al non agire immediato. Ve lo immaginate un politico ad agire senza trafficare?
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